Recensione: "L'amico ritrovato." [F.Uhlman]




Recensione: L’AMICO RITROVATO. 
[F.UHLMAN]

                                                                                     
Buon pomeriggio e ben ritrovati sul blog! Era da molto che non scrivevo qui, ma ahimè la sessione invernale incombe su di me e non ho dunque molto tempo per aggiornare il tutto!
Il libro di cui ho deciso di parlarvi oggi in onore della Giornata della Memoria avvenuta ieri, è: 






Titolo: L’amico ritrovato
Autrice: 
Fred Uhlman  
Distrubuito da: Feltrinelli 
Anno di uscita: 1971
Genere: dramma, narrativa autobiografica
Trama in poche frasi: Nella Germania degli anni Trenta, due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L'uno è figlio di un medico ebreo, l'altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un'amicizia del cuore, un'intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. "L'amico ritrovato" è apparso nel 1971 negli Stati Uniti ed è poi stato pubblicato in Inghilterra, Francia, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna, Germania, Israele, Portogallo. Introduzione di Arthur Koestler.

“L’amico ritrovato” è uno di quei libricini di cui a primo impatto non ti aspetteresti mai che il tuo cuore ne venga completamente catturato. La storia viene infatti resa nota al lettore in sole 92 pagine, ma nonostante la brevità del racconto, che può essere facilmente cominciato e concluso nel giro di una mezz’ora, i personaggi e le vicende a loro connessa portano alla riflessione e anche ad affezionarvici. 
Il linguaggio utilizzato da Fred Uhlman è delicato, quasi come stesse raccontando una favola piuttosto che una parte del suo passato. Attraverso la sua scrittura che arriva delicata alla mente del lettore, risulta infatti quasi difficile riuscire a considerare le vicende narrate come reali. Attenzione però al modo in cui io lo intendo: non si tratta infatti di una mia possibile idea secondo la quale le vicende sono “troppo irrealistiche”: al contrario, appaiono così vere ma allo stesso tempo descritte sempre in maniera docile e mai brutale, che sembra strano riuscire a trovare quasi del bello in quello che tutti noi ricordiamo come uno dei periodi più bui della storia. 

L’amicizia che nasce fra Hans e Konradin è quanto di più puro possa esserci al mondo ed è proprio questa che dona alla storia quel tocco di delicatezza che occorre per far pensare al lettore che potesse esserci davvero qualcosa di buono dietro i tristi eventi che occorrevano in quegli anni. Questo rapporto nasce però in un momento sbagliato, ovvero quello dell’ascesa del Nazismo. Essendo Hans di origini ebree e Konradin parte dell’alta borghesia tedesca, i loro cammini dapprima intrecciati vengono poi sciolti, lasciandoli percorrere vie differenti e facendo loro credere di aver perduto l’altro per sempre. 
E’ solo alla fine della storia, quando ad Hans (ormai adulto e divenuto cittadino americano a seguito della fuga dalla Germania ideata dal padre per proteggerlo dalla brutalità nazista) viene chiesto di donare a favore della vecchia scuola tedesca che frequentava quando era giovane, che egli trova la lista dei caduti in battaglia e si rende conto di qualcosa: in tale lista figura infatti anche il nome dell’amico che egli ha creduto perduto per sempre per via di un’ideologia ed Hans scopre che in realtà Konradin non era mai stato pienamente in favore di Adolf Hilter e che al contrario, era stato ucciso proprio perchè aveva tentato l’assassinio del Führer. L’amico viene dunque “ritrovato” quando si credeva perso per sempre. 

“Von Hohenfels, Konradin Von Hohenfels.
Implicato nella congiura per assassinare Adolf Hitler.
Giustiziato.”


Ciò che ho amato particolarmente di questo libro, oltre ovviamente l’amicizia fra i due protagonisti, è stato anche il modo tanto delicato quanto potente con cui Uhlman scrive la rivelazione finale, quella della morte di Konradin. Lo scrittore è difatti riuscito a dare un ultimo onore a tale personaggio in un modo tanto delicato da non far pesare la sua uccisione al lettore in maniera brutale, quanto come una lieve ma persistente delicatezza di un gesto oltremodo eroico: il rifiuto di un’ideale che ha provato a manipolare un individuo sin dall’infanzia, ma che non c’è mai riuscito e che al contrario lo ha spinto a ribellarsi –nonostante sapesse perfettamente quali sarebbero state per lui le conseguenze- per far sì che il mondo divenisse migliore di ciò che era in quel momento.

Io ho personalmente amato questo libro e vi consiglio pienamente la sua lettura.
Spero che questa breve recensione possa avervi fatto un po’ di compagnia e che vi abbia incuriositi. 
A presto con un nuovo articolo,




Federica.




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