Recensione: “IL FILO DELL’ETERNO RITORNO”
[SIMONE DEL FIORE]
Buongiorno viaggiatori!
La recensione di cui vi accingete a leggere riguarda…
Trama: A seguito di un incidente in moto Abel finisce in coma per poco più di tre ore, durante le quali sogna sedici anni di un'altra vita. Nonostante abbia vissuto ogni singolo momento con la sua nuova famiglia, al risveglio si rende conto che nulla di ciò che aveva vissuto era reale. Ciò che lo sconvolge più di tutto è uno strano filo rosso legato al mignolo della sua mano, che solo lui vede e che non riesce a togliere. Questo sembra non avere fine ma ha paura di scoprire dove conduca. Quando si convince di essere impazzito, dopo quasi un anno di terapia per liberarsi del ricordo di una moglie e due figli mai avuti, accade l'inatteso. A pochi giorni dal primo anniversario dell'incidente, incontra una ragazza identica alla donna che ha sposato nella vita parallela e l'assurdo gli sembra divenire possibile.
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Questo libro, nonostante la sua brevità sia a livello generico (la storia si compone infatti di “sole” 184 pagine) che dei singoli capitoli, è stato per me una lettura che ho dovuto effettuare in un tempo molto dilatato per differenti ragioni:
una tra esse è il fatto che la valenza psicologica di questo Thriller è stata tale da permettere di immedesimarmi così tanto nel protagonista Abel da ritrovarmi ad avere, come lui medesimo, la necessità di prendere un respiro da quella vita narrata (e che ormai sente come se non gli appartenesse più perché proiettato verso un futuro che crede di aver vissuto) e fare altro, come per distrarmi dall’idea che, paradossalmente, potrebbe forse accadere a chiunque un evento simile, ovvero di ritrovarsi un giorno a vivere come “indietro” in uno spazio temporale che si è già vissuto (tanto grande è la capacità narrativa presente in questo libro di rendere tutto incredibilmente realistico).
Insomma, mi sono ritrovata a riflettere su quanto effimero possa essere il reale che considero tale e quanto l’irreale potrebbe non essere tale poi così tanto: questo durante la lettura di un Thriller psicologico non mi è capitato poi così spesso, eppure, Simone Del Fiore, in sole centottanta pagine circa, è riuscito in questa impresa.
Credo che l’autore abbia portato brillantemente alla luce tutto ciò che desiderava esprimere: sia la questione del reale e irreale, sia le tematiche da lui selezionate per questa storia;
trattare di temi come un incidente, un coma (che sia breve o meno poco importa) e delicate questioni psicologiche non è per niente semplice; eppure, questo libro, nella sua brevità , è riuscito anche in tale intento.
Il collegamento creatosi tra ciò che appartiene al “reale” e ciò che è stato vissuto in quelle tre ore da Abel è pazzesco; ciò che ha fatto parte della nostra realtà a volte mi è parso il vero “irreale” e viceversa. Lo stesso avviene con la dicotomia tra passato e presente; sarebbe stato semplice perdersi in questo andazzo oggettivamente complesso se non vi fosse stata la grandissima capacità dell’autore di rendere il tutto sempre chiaro attraverso una narrazione lineare e sempre perfettamente espressa con chiarezza.
Dopo un primo impatto abbastanza scioccante (vista la situazione in cui ci si ritrova catapultati), infatti, la trama prosegue poi in maniera sempre più svelta; mi sono ritrovata più e più volte a trattenere il fiato e a combattere inconsciamente tra la voglia di mettere da parte il libro per fermarmi a riflettere su ciò che stava avvenendo e la voglia di continuare a leggere ancora e ancora, per arrivare il prima possibile all’epilogo.
Nonostante la scorrevolezza di cui ho appena accennato però, ammiro notevolmente la capacità dell’autore di rendere ogni sequenza e ogni colpo di scena degni di nota: non vi è capitolo, pagina o riga che non è immessa nella storia in modo perfetto, come a comporre un puzzle psicologico di cui ogni pezzo è essenziale.
Come per altre opere pubblicate da questa casa editrice, anche in “Il filo dell’eterno ritorno” i capitoli sono intervallati da illustrazioni che a mio parere rendono ancora più viva l’immaginazione di chi si ritrova a leggere questa storia.
Oltretutto, la presenza del filo rosso davvero legato al dito del protagonista, seppur visibile solamente da lui, è stato quel tocco in più che non mi aspettavo davvero, se non solamente per mere metafore, quando avevo letto il titolo.
Leggendo poi della sua presenza sia trama la curiosità si è fatta sempre più viva in me, fino a ricercare sempre più spesso la sua esistenza all’interno del racconto vero e proprio.
Questo perché credo che la leggenda del filo rosso del destino sia una delle più dolci e allo stesso tempo a mio parere malinconiche che possano esistere; sapere di essere legati a qualcuno, incontrarlo dopo infinite ricerche (o magari dopo un semplice caso del destino) e sapere che magari, nonostante quel filo ben visibile non è detto che si possa trovare un lieto fine insieme per infinite ragioni, è pazzesco.
Quasi da perderci la testa, come il lettore si ritrova a riflettere circa l’andazzo dei pensieri di chi si occupa delle sedute psicologiche di Abel, lo psicoterapeuta Leonardo Medina, ho trovato del tutto sensati i comportamenti quasi terrorizzati del protagonista che, una volta sveglio dal coma, si è ritrovato questo filo impossibile da rimuovere e con una schiera di medici pronti a riferirgli che in realtà non vi era alcunché legato al suo dito.
In riferimento a ciò, notevole anche la capacità di rendere perfettamente coerente e realistica anche l’intera caratterizzazione dei personaggi;
ho trovato sensati i loro comportamenti e i loro modi di fare, in particolare modo quelli dei protagonisti: Abel e Paco, ai quali mi sono ritrovata più legata perché ad essi dedicato maggiore spazio narrativo.
“Paco accostò l'auto al marciapiede, iniziò ad ansimare con le
lacrime agli occhi.
Io feci lo stesso, mi tolsi la cintura per respirare meglio.
Le immagini dell'incidente dell'anno prima riaffiorarono nella mia
mente, fino a materializzarsi davanti ai miei occhi.”
Consiglierei questo libro? Sì, notevolmente. A differenza di altre mie recensioni, questa di cui avete appena concluso la lettura è più breve, è vero, ma il timore di rendere noto un qualsiasi dettaglio “in più” circa la trama è grande. Essendo poi sia un libro breve che un thriller, è mio desiderio lasciare a voi quanto più spazio all’immaginazione di cosa può veicolare questa storia e quante emozioni può trasmettere; è per questo che ho preferito “tagliare” sempre più tutti i pensieri relativi ad essa. Ogni dettaglio da me svelato potrebbe “rovinare” (ovviamente inteso a mero livello di spoiler, perché non ho trovato alcunché di negativo in questa trama) questa lettura tanto bella quanto fortemente vivida psicologicamente.
Quindi sì, ecco il perché non mi sono soffermata a discutere circa gli eventi, i personaggi nello specifico e i fattori cardini di questa storia.
Sappiate però che, a partire dalle illustrazioni (sia per la copertina che per quelle inserite all’interno del volume) sino a giungere ad un epilogo mozzafiato… non vi è nulla di sconclusionato o reso meno perfettamente rispetto al resto.
…E poi sappiate anche che il Tempo, tra tutte le cose, potrebbe essere ciò che vi intrappolerà maggiormente nella sua rete, proprio come una farfalla intrappolata in una tela di ragno.
“È come una partita a scacchi contro una macchina addestrata a
vincere: il Tempo.
Non mi abbatto, ho la testa già alla prossima mossa.
Un'altra possibilità .”
Ringrazio di cuore la casa editrice Horti di Giano, in particolare modo Rachele, per la fiducia a me datami nel recensire anche questa opera da loro pubblicata; è stata veramente un’altra splendida lettura.
Ringrazio anche Simone Del Fiore per aver creato una storia simile: non pensavo sarebbe riuscita a trascinarmi così tanto nella sua rete. Leggere “Il filo dell’eterno ritorno” è stato incredibile.
→Federica.
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